Una mostruosa bellezza

https://www.fattoriavittadini.it/ave – Chiara Ameglio, MilanOltre 2021, Teatro Elfo Puccini, foto di Marcella Foccardi

Uno dei motivi per cui i linguaggi artistici sono così potenti è che ci fanno vedere la bellezza dove non immaginavamo potesse esistere, in un modo che non avremmo mai potuto concepire. Nella danza il bello è emerso in molte forme diverse: nell’esaltazione dell’armonia e delle buone proporzioni della forma, nello studio sulla funzionalità del movimento e nell’indagine, più ampia, sull’essere umano; è emerso, però, anche dalle ricerche in senso opposto, sul disumano inteso come altro da noi e intorno alle caratteristiche che ci portano a percepire in qualcosa la diversità e l’imperfezione, andando a scardinare la loro comune associazione con il brutto. L’indagine che guarda oltre l’uomo fa emergere la bellezza insita in una concezione che non gli appartiene, sorprendendoci e proiettandoci, spesso, in una dimensione spirituale e metafisica.

Sembra indagare in questa direzione Chiara Ameglio, con la sua coreografia “Ave Monstrum“, presentata all’interno dell’edizione 2021 del Festival MilanOltre. ‘Monstrum’ in latino definisce qualcosa di prodigioso, una creatura o una manifestazione soprannaturale, e la consapevolezza dell’etimo emerge chiaramente nel lavoro di Ameglio. L’incipit della performance, non a caso, ruota attorno alla sconvolgente, mostruosa, impossibilità di riconoscere le proporzioni del corpo umano: una gamba emerge dal fondale nero, esplorando lo spazio come fosse un organismo dotato di autonoma vitalità, poi compare una mano, un braccio, che sembrano essere delocalizzati o in una relazione sbagliata col resto del corpo.

Dall’oscurità del fondale nasce una figura che pare non comprendere le regole del movimento e, fluttuando incerta in ogni direzione, sembra voler indagare, scoprire, studiare il mondo con ogni centimetro del corpo. Sono infine la testa e il volto della performer che vediamo, ma celati da una maschera composta di lunghi filamenti. Proprio la maschera – pensata e studiata dalla coreografa e realizzata da Elena Rossi – costituisce l’elemento che sottrae ogni residua parvenza umana alla performer che si dona completamente al suo ascolto e alla realizzazione di ciò che la maschera stessa sembra richiedere.

La creatura partorita dall’oscurità sembra cieca ma progressivamente impara ad abitare uno spazio più ampio, parendo indecisa sulle direzioni da intraprendere e abbandonandole tutte per cambiarle. La performer assume le movenze di un organismo sconosciuto che impara a relazionarsi col suo corpo e con lo spazio, in questo coadiuvato dal soundscape di Gianfranco Turco e Diego Dioguardi, espresso da un rimbombo basso e continuo, punteggiato da suoni a volte viscerali e liquidi, altre volte più duri e taglienti. La presenza magnetica di questa creatura uscita dall’ombra sembra sospendere il tempo e sembra capace di compiere magie quando, infine, inizia a tirare fuori altri filamenti da quella che sembrava solo una gamba o solo un braccio, dalla schiena e dai fianchi, aggiungendoli man mano alla maschera e trasformandola aumentando il suo spessore, rendendo ancora più visibile l’invisibilità del volto.

La bellezza che emerge dalle forme create, che si stagliano dall’oscurità grazie al light design di Roberta Faiolo, è mostruosa nel senso di prodigiosa, è tanto più bella quanto meno armonica per l’essere umano. La ricerca puntuale di movimento porta in luce, anch’essa, una gestualità ombra, innaturale e disumana nella sua concezione, andando talmente a fondo nella ricerca da creare un fascino ipnotico, un godimento estremo della forma che non si conosce e non si riconosce.

La mostruosità che emerge, in noi, nel non riconoscere i consueti schemi corporei e motori dell’essere umano è potente tanto quanto la grazia e l’eleganza espressiva della performer: ogni piccolo movimento e la vitalità consapevole di ogni sezione del corpo dell’artista catturano con un magnetismo irresistibile, evocando uno spiritismo ancestrale, una divinità mostruosa e di extra-ordinaria bellezza. Chiara Ameglio in questa performance ci ha incantati, ci ha fatto domandare che cosa è umano e cosa non lo è, che cosa significa bellezza e se essa possa nascere ed essere sviscerata anche dal mostruoso. Il mostruoso di Chiara Ameglio è disumano perché incomprensibile, spaventoso e attraente nelle sue estasi e liturgie, rivelandosi a chi lo guarda in modo travolgente e ineffabile.

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